La biodiversità e lo studio del DNA ambientale: ISPRA nell’International Bar Code of Life
Immaginiamo di camminare su un sentiero di campagna, prelevare un bicchiere d’acqua da un ruscello o una zolla dal terreno ed essere in grado, dopo alcune analisi genetiche rapide e dal costo contenuto, di avere i nomi di tutte le specie viventi conosciute che hanno lasciato delle “tracce biologiche” nei campioni raccolti.
Quanto descritto è possibile perché ogni forma di vita disperde nell’ambiente “residui di DNA” o DNA ambientale (e-DNA) che si origina, ad esempio, dalla desquamazione della pelle, dai peli, dai liquidi biologici, dai tessuti, dal muco, dalle feci. Il DNA fuori dall’organismo vivente, va incontro a fenomeni di degradazione ma, nonostante ciò, i frammenti rimanenti sono sufficienti a dare informazioni genetiche rilevanti per gli studiosi. Il DNA ambientale è quindi da intendersi come l’insieme delle molecole di DNA presenti in un campione prelevato da matrici non biologiche (ad esempio acqua, ghiaccio, terreno, …).
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Ma come arrivare a riconoscere dai pochi frammenti di DNA ambientale una specie? Nel patrimonio genetico di ogni specie vivente sono presenti regioni di DNA conservate che, come un codice univoco a barre, consentono il riconoscimento delle specie. Questa tecnica, detta barcoding, permette non solo di assegnare materiale biologico indeterminato ad una specie precisa quando il riconoscimento su base morfologica non è perseguibile, ma anche di rilevare la presenza di una specie in un determinato ambiente, pure in assenza di un’osservazione diretta.
Grazie al recente e repentino sviluppo tecnologico, le nuove tecniche genomiche, dette di Next Generation Sequencing (NGS) consentono di rilevare contemporaneamente la presenza di più specie che abitano un determinato ambiente, a partire dalle sole matrici ambientali (metabarcoding).
Potremmo immaginare il campione ambientale rappresentato dal bicchiere d’acqua del ruscello o dalla zolla di terreno come un carrello di un supermercato pieno di prodotti differenti, ciascuno con il suo codice a barre, che al lettore della cassa rivela la sua identità. I prodotti marcati, ovvero i campioni di DNA appartenenti ad una determinata specie il cui codice a barre è stato identificato, sono riconosciuti, gli altri ovviamente no. L’identificazione del codice a barre caratteristico di ogni singola specie conosciuta è il lavoro che sta portando avanti il consorzio International Barcode of Life, iBol.
Cosa è l’iBol e perché è importante per la comprensione della biodiversità?
L’iBol ha creato il database mondiale Barcode of Life Database system (BOLD) che contiene le informazioni, pubblicamente accessibili, sui bar code di circa 244,765 specie rispetto alle circa 2 milioni che attualmente sono conosciute sul nostro pianeta. Molti studi scientifici stimano che le specie presenti sulla terra siano comprese tra 8,7 e 18 milioni e si ritiene che l’analisi del DNA ambientale permetterà di documentare e identificare le specie note e fornire dati su quelle ancora sconosciute.
In un’epoca in cui il tasso di estinzione delle specie viventi è tra 100 e 1000 volte superiore al tasso medio di estinzione naturale, lo studio della diversità biologica, la biodiversità, diventa molto importante per comprendere meglio i fenomeni in atto. Uno degli indici utili a misurare la biodiversità è il numero di specie che si trova in un particolare ecosistema. Maggiore è il numero di specie presenti, maggiori saranno le relazioni presenti tra esse e il sistema saprà reagire meglio alle situazioni di stress, in altri termini la biologia ci dice che i sistemi ad alta biodiversità sono più resilienti. L’analisi del DNA ambientale, quindi, potrà darci molte informazioni utili alla comprensione della biodiversità e quindi al nostro futuro di umani.
Gli istituti di ricerca pubblici e privati di tutto il mondo che aderiscono all’iBOL stanno popolando questo database di bar code appartenenti alle specie note, fornendo dati importanti per “Illuminare la biodiversità”. L’Italia partecipa a questo progetto con undici Enti ed Università tra cui l’ISPRA.
I laboratori di genetica di ISPRA da più di trent’anni si occupano di studiare la biodiversità dal punto di vista genetico operando su centinaia di specie a rischio o di interesse gestionale. L’adesione al consorzio iBol costituisce una grande opportunità per potenziare i propri strumenti conoscitivi e di analisi. Progetti come, ad esempio, quello sulla digitalizzazione dei parchi nazionali e delle aree marine protette (DigitAP) o il Network Nazionale della diversità Micologica (NdM) sfruttano appieno queste tecniche da un lato per rilevare la biodiversità o la presenza di specie endemiche o aliene all’interno di aree territoriali definite, dall’altro per dirimere ambiguità tassonomiche nello studio della diversità micologica in Italia. Barcoding e Metabarcoding sono approcci che possono impiegare diverse tecniche biomolecolari che spaziano dal sequenziamento classico (il cosiddetto metodo Sanger) ai sequenziamenti di terza generazione che si avvalgono di tecnologie avanzate come ad esempio quelle a nanopori che possono essere impiegate anche direttamente sul campo, senza passare dal laboratorio, consentendo una mappatura diretta e più affidabile delle realtà sotto studio.
Nell'ambito del progetto Life CONCEPTU MARIS, ISPRA e l'Università di Milano Bicocca stanno integrando le tecniche tradizionali di monitoraggio visivo della biodiversità marina con metodi di nuova generazione, come il DNA ambientale e le analisi degli isotopi stabili. Questa sinergia consentirà di raccogliere informazioni più dettagliate sulla presenza dei grandi giganti del Mediterraneo, come cetacei e tartarughe marine, in alto mare, e sulle loro prede. Inoltre, permetterà di ampliare la nostra comprensione della loro ecologia sia durante il giorno che durante la notte.
Un approfondimento sulla storia delle tecniche di sequenziamento del DNA
Foto – F. Tomasinelli/Triton Life Conceptu Maris