Quali sono le relazioni tra biodiversità e cambiamenti climatici?
Il quarto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) del 2007 e una moltitudine di studi successivi affermano che i cambiamenti climatici stanno producendo alterazioni significative sulle comunità vegetali e animali biodiversità e servizi ecosistemici. Ciò avviene, per esempio, attraverso l’aumento delle temperature medie, il mutamento dei sistemi climatici regionali e locali, l’alterazione del regime delle piogge, la maggiore intensità con cui si manifestano i cicloni, le ondate di caldo, le piogge torrenziali, lo scioglimento delle calotte glaciali e dei ghiacciai alpini, l’innalzamento del livello dei mari.
Gli impatti già osservati dei cambiamenti climatici riguardano: gli ecosistemi, sui quali si segnalano alterazioni della distribuzione, composizione, struttura, funzione, fenologia, servizi ecosistemici); le specie, con variazioni di fenologia, distribuzione (migrazione verso nord e quote più elevate, contrazione del range), popolazione; la diversità genetica.
Ciò è abbastanza intuitivo, se pensiamo che le condizioni climatiche sono fattori decisivi determinano le specie vegetali e animali che possono vivere, crescere e riprodursi in una determinata regione geografica. Alcune specie sono talmente legate alle condizioni climatiche a cui si sono adattate che un leggero aumento della temperatura o una piccola riduzione delle piogge o una impercettibile alterazione d’un altro parametro possono aumentare la loro vulnerabilità.
Per il futuro, gli studi più accreditati—basati su ricerche sperimentali, combinazione di modelli ecologici in relazione a differenti scenari di variazioni climatiche e modelli dei processi fisiologici—affermano che gli impatti e le risposte degli ecosistemi e del paesaggio ai trend dei cambiamenti climatici in atto, in termini di distribuzione, composizione, funzione, fenologia, servizi ecosistemici, possono essere molto significative, anche se di entità diversa a seconda delle regioni geografiche e dei tipi di bioma, con conseguenze prevalentemente negative per le economie e il benessere delle società. In più, gli scienziati sono preoccupati per le interazioni ecologiche e le retroazioni (feedback) che possono generarsi e che possono portare a impatti severi, imponderabili, irreversibili sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici.
L’evidenza degli impatti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e sugli ecosistemi terrestri, acquatici e montani è corposa anche in Italia.
Per quanto riguarda gli ecosistemi marini un fattore chiave è rappresentato dall’aumento della temperatura associato alla riduzione delle precipitazioni, che porterebbero all’aumento della salinità. D’altro canto, occorre segnalare che l’aumento della concentrazione della CO2 atmosferica e la conseguente maggiore capacità di fissazione del carbonio (carbon sink) da parte degli ecosistemi marini porterebbe a una acidificazione degli ecosistemi nel Mediterraneo.
Esempi di questi impatti riguardano: variazioni della distribuzione e dello stato della popolazione, con sostituzione della fauna mediterranea nativa e proliferazione di specie alloctone; aumento del ritmo di estinzione delle specie; variazioni della fenologia; eventi di mortalità di massa di invertebrati; proliferazione di mucillagini; impatti negativi sulle praterie di Posidonia oceanica, con conseguente regressione della vita marina (come nel caso delle coste della Liguria).
Per i corpi idrici superficiali della nazione si attendono variazioni della fenologia delle specie, trasgressioni longitudinali e sviluppo di specie alloctone invasive (specie nell’eco-regione alpina), intrusione salina nelle zone umide con conseguente alterazione delle comunità biotiche.
Il quarto rapporto di valutazione dell’IPCC sostiene che gli ecosistemi terrestri mediterranei sono molto vulnerabili alla desertificazione e prevede un’espansione degli adiacenti sistemi aridi e semi-aridi a fronte di scenari climatici di riduzione delle precipitazioni (specialmente nel periodo estivo) e dell’aumento della temperatura al di sopra dei valori previsti per la scala globale.
Da un’indagine del 2009 dell’Agenzia Europea dell’Ambiente emerge che gli ecosistemi migrano attualmente verso il polo nord alla velocità di 6,1 km e 6,1 m in altitudine per decade e che questa velocità potrebbe aumentare in futuro stanti gli scenari dei cambiamenti climatici.
Per l’area mediterranea si attendono maggiori rischi di estinzione per diverse specie terrestri e variazione della struttura delle comunità; variazione della distribuzione spaziale della flora e la contrazione delle distribuzione delle foreste, specialmente nel Meridione d’Italia e in aree montane; le specie endemiche mediterranee affronteranno le minacce maggiori, a causa della prevista riduzione delle precipitazioni, maggiore intensità egli incendi, aumento dei fenomeni erosivi; alterazione della fenologia e della stagione vegetative, della funzione e della produttività degli ecosistemi; gli effetti positivi della fertilizzazione carbonica saranno compensati dalla limitata disponibilità di acqua e dalle più elevate temperature; variazioni della distribuzione spaziale della fauna (mammiferi, rettili e anfibi), specialmente nelle aree del Paese dove la frammentazione è un problema; perdita di aree umide mediterranee (importanti per la conservazione di specie endemiche e per il loro ruolo nella migrazione degli uccelli).
La regione alpina e gli ecosistemi montani sono considerati dagli esperti particolarmente vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. Possibili variazioni potranno riguardare la struttura delle comunità vegetali montane, migrazione a quote maggiori e a nord di animali e piante (ammesso che essa sarà possibile).