Su Nature Sustainability uno studio sulla presenza storica dell'ostrica piatta
Le attività antropiche hanno avuto un impatto straordinario sugli ecosistemi marini. Specialmente in Adriatico tendiamo ad immaginare il fondale marino come una distesa piatta e fangosa, ma in passato molte zone erano caratterizzate da un paesaggio tridimensionale di complesse barriere viventi, oggi cancellate dalla nostra memoria collettiva.
Gli ecosistemi biogenici formati dalle strutture costruite dall'ostrica piatta europea, l'autoctona Ostrea edulis, in passato formavano estese barriere lungo gran parte della costa europea, ma questi complessi ecosistemi sono stati distrutti oltre un secolo fa, come evidenziato da una nuova ricerca, e attualmente le ostriche piatte sono presenti quasi esclusivamente come individui sparsi.
Combinando i resoconti descrittivi provenienti da diverse fonti storiche, attraverso l’analisi di oltre 1.600 documenti pubblicati negli ultimi 350 anni, lo studio rivela che le ostriche piatte formavano grandi barriere di conchiglie coprendo complessivamente almeno 1,7 milioni di ettari nelle aree costiere europee e descrivendo 190 specie di macrofauna associate provenienti da 13 phyla. È stata infatti ricostruita una mappa della presenza storica delle barriere di ostriche con una risoluzione di 10 chilometri quadrati in tutta la loro gamma biogeografica, documentando habitat abbondanti lungo le coste di Francia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito e, per la prima volta, in Italia dove infatti nel 1715 Luigi Ferdinando Marsili descrisse un "muro" di ostriche da Fano a Porto Garibaldi, largo “400 passi” a 4 miglia parallelamente alla costa. L'analisi dimostra che queste barriere di ostriche erano un habitat tridimensionale dominante lungo le coste europee, con un ruolo strutturante fondamentale per l'ecosistema.
Attualmente sono in corso progetti di ripristino in tutta Europa e interventi - come quello attuato da ISPRA nell’ambito del progetto PNRR Marine Ecosystem Restoration (MER) in cinque regioni adriatiche - che rappresentano azioni essenziali per il ritorno di questi ecosistemi.
Lo studio, elaborato da un team composto da oltre 30 ricercatori europei della Native Oyster Restoration Alliance (NORA), alla quale partecipa anche ISPRA, è pubblicato sulla rivista Nature Sustainability (I.F. medio 29,9) ed è scaricabile dal 3 ottobre 2024.