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1.
INTRODUZIONE
La diffusione delle nuove tecnologie per la comunicazione globale ha portato i gestori
di telefonia mobile ad intensificare lo sviluppo delle loro reti su tutto il territorio
nazionale. Oggi tutti vogliono avere l’opportunità di accedere ai servizi offerti dai vari
operatori, tutti vogliono potersi collegare ad internet per vedere la posta elettronica
oppure leggere informazioni o scaricare video, e soprattutto vogliono poter fare tutto
ciò ovunque si trovino e non più solamente da casa o da postazioni fisse. I nuovi
telefoni cellulari, smartphone, i tablet, i computer portatili e tutti i nuovi dispositivi
elettronici sono in grado di offrire quanto richiesto a patto di avere a disposizione una
connessione alla rete dati. Si sono così velocemente diffusi acces point e zone in cui
sono presenti i collegamenti WiFi, ma è soprattutto la rete di telefonia mobile che ha
dovuto adeguarsi alle nuove richieste. Già con l’attivazione, qualche anno fa, della
terza generazione di telefonia cellulare, nota come Universal Mobile
Telecommunication System (UMTS), sul territorio nazionale era stata garantita la
copertura con il segnale, ma l’aumento repentino degli utenti di tali servizi e la nascita
della quarta generazione, Long Term Evolution (LTE), ancora più efficiente rispetto a
questi tipi di servizi, ha spinto gli operatori a potenziare ulteriormente gli impianti
UMTS già esistenti, ad affiancarli con impianti a tecnologia LTE e a coprire in modo
sempre più capillare il territorio.
Ciò comporta da parte degli operatori la richiesta alle amministrazioni competenti di
autorizzazioni all’installazione e all’esercizio di nuovi impianti e di conseguenza
comporta per le ARPA un’attività di controllo teorico preventivo simulazioni per
verificare la compatibilità degli impianti in progetto con i limiti normativi per la tutela
della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici introdotti dalla legge n.
36 del 22/02/2001, “Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici” e definiti dai decreti applicativi successivi.
Il primo effetto visibile di tale rapida espansione è stato che è cominciato a
scarseggiare quello che fra gli addetti ai lavori viene definito “spazio elettromagnetico”
cioè il margine tra l’intensità del campo elettrico presente in un punto e il valore di
riferimento normativo da non superare ai fini della protezione della popolazione: la
riduzione dello spazio elettromagnetico implica la riduzione di possibilità di attivazione
di nuovi impianti di radiotrasmissione perché quelli esistenti occupano porzioni
consistenti del margine citato. In primo luogo ciò si è visto nei grandi centri urbani
dove la densità di popolazione è elevata e il limite normativo da rispettare, il valore di
attenzione di 6 V/m, relativamente basso, ma anche nelle zone in cui il limite di
esposizione da rispettare è quello più ampio di 20 V/m si va verso una saturazione
dello spazio elettromagnetico disponibile.
Tutto ciò ha evidenziato che alcuni procedimenti amministrativi e i limiti stessi, forse
troppo severi, frenavano in alcuni casi la subitanea esigenza dei gestori di diventare
operativi. C’è stata quindi una forte pressione di tali operatori affinché si modificasse
la normativa nazionale, stabile e consolidata da un decennio. La variazione più