Fumanti et al. /
Qualità dell’ambiente urbano – XI Rapporto (2015)
ISPRA Stato dell’Ambiente 63/15 pagg. 206 – 219
208
Le attività di estrazione di minerali di prima (miniere) e seconda categoria (cave),
seppur in netto calo negli ultimi decenni, rappresentano un importante settore
dell'economia nazionale, ma al tempo stesso una possibile causa di degrado
ambientale, soprattutto per i problemi di inquinamento e instabilità causati dalle
numerose miniere dismesse. In ambito urbano, tali siti assumono anche un grande
valore storico/culturale poiché rappresentano i luoghi d’origine dei materiali con i quali
sono stati edificati i nuclei storici delle città.
In molti casi, tali luoghi non sono più accessibili poiché coperti dallo sviluppo urbano,
mentre in altri, in particolare nelle aree di pianura, i materiali lapidei erano localizzati
al di fuori dell’area urbana, in corrispondenza dei primi affioramenti del substrato. Per
tali motivi l’indicatore prende in esame sia il dato provinciale sia, ove disponibile, il
dato comunale.
L'indicatore quantifica le cave attive e cessate, fornendo, indirettamente, informazioni
sul consumo di risorse non rinnovabili, sulla perdita di suolo, sulle modificazioni
indotte nel paesaggio, sulle possibili alterazioni idrogeologiche e idrografiche e su
possibili fenomeni di dissesto lungo i fronti di scavo. Con i DPR 2/1972 e 616/1977
le competenze relative alla gestione di cave e torbiere sono state trasferite alle
Regioni. Tutte le Regioni, con tempi e modalità diverse, hanno legiferato in materia
demandando la pianificazione dell'attività estrattiva di cava alla Regione stessa e/o
alla Provincia mediante la redazione di Piani regionali (o provinciali) dell'attività
estrattiva (PRAE o PPAE). In diverse Regioni/Province, però, tali piani non sono stati
ancora approvati. I dati provengono, comunque, dalle regioni/province (Uffici Attività
Estrattive, Siti
web
ufficiali, Piani delle Attività Estrattive). La frammentazione delle
modalità di raccolta e gestione dei dati a livello locale ha determinato una certa
disomogeneità quantitativa e qualitativa delle informazioni disponibili che ostacola la
realizzazione di un preciso quadro nazionale.
Per
cave attive
si intendono quelle con autorizzazione vigente, indipendentemente
dalla produzione. Il valore comprende, quindi, sia le cave realmente in esercizio, sia
quelle che, pur autorizzate, non hanno avuto produzione nell’anno di riferimento.
L’attività estrattiva è infatti fortemente variabile con le condizioni di mercato e diverse
cave possono non aver lavorato nell’anno pur mantenendo l’attività. Solo in alcuni casi,
però, è attivo un capillare sistema di controllo a garanzia della veridicità della
mancata produzione. I dati provenienti da queste realtà indicano una forte contrazione
della produzione legata alla attuale crisi economica, in genere, le cave in produzione
risultano circa la metà di quelle autorizzate.
Tenendo presente le limitazioni relative alla qualità del dato precedentemente
esposte, il quadro conoscitivo risulta completo sia a livello provinciale sia comunale.
Le aree provinciali con più alta concentrazione di siti autorizzati risultano localizzate
nel Nord Italia ed in particolare in alcune province del Nord-Est (Verona, Vicenza,
Trento e Bolzano) e del Nord-Ovest (Brescia e Cuneo) che presentano più di 120 cave
nel loro territorio. Buona parte di queste non risultano però in produzione negli ultimi
anni a conferma di una generalizzata crisi del settore.
CAVE ATTIVE E DISMESSE/ABBANDONATE