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Fumanti et al. /

Qualità dell’ambiente urbano – XI Rapporto (2015)

ISPRA Stato dell’Ambiente 63/15 pagg. 206 – 219

210

A livello comunale, le cave attive risultano generalmente molto limitate con l’eccezione

di Roma, anche per la grande estensione areale del Comune e Trani, famosa nel

mondo per l’estrazione dell’omonima pietra.

La situazione relativa alla

cave dismesse/abbandonate

è particolarmente complicata e

i dati sono da valutare con molta cautela. In questa categoria rientrano tutte le

attività di estrazione che sono definitivamente concluse. Anche in questo caso la

qualità dell’informazione è molto variabile da regione a regione rendendo poco

confrontabili i dati anche per regioni limitrofe.

Non tutte le regioni/province si sono dotate di un catasto dei siti

dismessi/abbandonati/abusivi e quelli disponibili presentano eterogeneità nelle modalità

di censimento tali da rendere difficile il confronto anche tra regioni limitrofe. Alcuni

censimenti, di natura prevalentamente amministrativa, includono tutte le cave

dismesse/abbandonate, comprendendo quindi anche tutte la cave recuperate,

rinaturalizzate o inglobate all’interno delle strutture urbane (ad esempio Provincia di

Trento, Lombardia o Puglia). In altri casi, come ad Arezzo e Firenze, sono state censite

anche tutte la cave storiche, in altri ancora solo i siti la cui attività è definitivamente

cessata precedentemente (ad esempio Trento) o posteriormente all’entrata in vigore

della legge regionale in materia (ad esempio Piemonte). Ciò spiega la forte variablità del

dato ed i picchi di Trento, Pavia, Firenze e Lecce. Per quanto riguarda le attività cessate

sarebbe pertanto necessario cercare di stabilire una modalità comune di classificazione

e, soprattutto, a valle di un censimento sul territorio, definire le modalità per individuare

quante di queste necessitino realmente di un intervento di recupero ambientale, come

fatto, ad esempio, da Liguria, Umbria e Marche.