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Qualità dell’ambiente urbano – XI Rapporto (2015) – Capitolo 6

ISPRA Stato dell’Ambiente 63/15 ISBN 978-88-448-0749-8,

www.isprambiente.gov.it

502

proposti dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come valore di riferimento

per la protezione della salute umana (rispettivamente 20

μ

g/m

3

e 10

μ

g/m

3

) sono

inferiori a quelli previsti dalla normativa e larga parte della popolazione urbana è

tuttora esposta a livelli superiori a tali valori guida (l’88% degli abitanti residenti nelle

aree urbane considerate nel caso del PM

10

e l’80% nel caso del PM

2,5

).

Il

trend

di riduzione dei livelli si traduce in una generale diminuzione della percentuale

di popolazione esposta a livelli superiori ai valori limite di legge, così come ai valori di

riferimento dell’ OMS, in particolare se si confronta il 2014 con l’anno precedente.

Nel caso del biossido di azoto, a differenza del PM

10

e del PM

2,5

, il valore limite di

legge per l’esposizione a lungo termine coincide con il valore limite di riferimento OMS

(40

μ

g/m

3

come media annuale): nel 2014 gli indicatori sviluppati per valutare

l’esposizione media annua ad NO

2

nelle aree urbane, sono in larga parte inferiori a

tale soglia. I livelli di NO

2

sono fortemente variabili spazialmente in dipendenza della

prossimità del punto di misura alla sorgente traffico veicolare; i superamenti del

valore limite si registrano tipicamente in stazioni ubicate in prossimità di importanti

arterie stradali, che non sono utilizzate nel calcolo degli indicatori di esposizione

media della popolazione.

Un altro aspetto rilevante è quello relativo all’esposizione della popolazione ad alti

livelli di ozono nel periodo estivo: nel 2014 oltre il 78% della popolazione è stata

esposta

,

per più di 10 giorni a valori superiori a 120 µg/m³ come media massima

giornaliera calcolata su 8 ore.

Per il Benzo(a)pirene solo poco più dell’1% della popolazione considerata è risultata

esposta ad un valore superiore al valore obiettivo (1ng/m

3

come media annuale).

Circa il 62% della popolazione tuttavia risulta esposta a livelli compresi tra 0,5 e 1,0

ng/m

3

ed è da considerare che, come per tutti i composti cancerogeni, non è possibile

individuare una soglia di concentrazione al di sotto della quale l’esposizione possa

essere considerata priva di rischi; pertanto è auspicabile che in futuro le misure

intraprese per ridurre le emissioni di idrocarburi policiclici aromatici possano portare

a ridurre ulteriormente i livelli osservati.

Nel paragrafo

6.3

viene affrontato l’importante tema della diffusione di pollini

nell’ambiente urbano, attraverso l’analisi dei dati, disponibili grazie alla consolidata

collaborazione tra POLLnet e AIA (Associazione Italiana di Aerobiologia) che ha

consentito peraltro quest’anno di incrementare ulteriormente il numero delle aree

urbane monitorate, e l’elaborazione di specifici indicatori.

Gli allergeni presenti in pollini e spore fungine aerodispersi sono un importante fattore

di rischio sanitario nell’aria che respiriamo. Le allergie da essi provocate sono molto

diffuse e possono incidere anche in maniera seria sulla qualità della vita di chi ne è

affetto. Specialmente in ambiente urbano dove c’è grande densità di popolazione, è

perciò necessario monitorare con continuità queste particelle così da consentire le

opportune azioni per il loro contenimento e mitigarne gli effetti.

Trattandosi di granuli di origine naturale legati al ciclo vitale delle piante (anche molto

lontane dai centri abitati) non è possibile (né auspicabile) eliminarli totalmente.

Le azioni da mettere in campo sono di tipo preventivo rivolte alla riduzione del

fenomeno come alcune buone pratiche nella progettazione, realizzazione, gestione del

verde urbano (si dimensionano opportunamente le aree verdi perché siano più

facilmente gestibili, si mettono a dimora preferibilmente piante non allergizzanti, si