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1.

INTRODUZIONE

La telefonia mobile ha iniziato a diffondersi capillarmente e massivamente nei primi

anni del 2000. Nel primo decennio del nuovo millennio l’utilizzo del cellulare era

limitato alle comunicazioni vocali; sembrava quindi che, una volta completata la rete di

impianti necessaria a soddisfare le telefonate, le problematiche dell’inquinamento

elettromagnetico avrebbero perso rilevanza stabilizzandosi su valori di esposizione

costanti.

L’evoluzione tecnologica dei dispositivi e delle tecniche di comunicazione ha invece

radicalmente modificato l’utilizzo e le funzioni del telefonino.

La funzione originaria, cioè quella di poter effettuare chiamate vocali, è stata

sostituita da una serie di servizi e funzioni differenti tra loro e anche la struttura del

cellulare è migrata verso altri tipi di dispositivi, gli

smartphone

, che insieme ai

tablet

e ai

PC

portatili

consentono agli utenti di effettuare molteplici operazioni: dal check-in

per l’aeroporto alla gestione del conto in banca, dalla creazione di documenti

all’acquisto di abbigliamento,… tutto attraverso la rete mobile. La tecnologia e la rete

devono quindi supportare le attività più varie di scambio e comunicazione dati che,

proprio per l’estrema versatilità delle funzioni e delle applicazioni, vengono effettuate

continuamente da ciascun dispositivo. Oltre alle tecniche di trasmissione, le nuove

modalità di utilizzo modificano anche altre caratteristiche emissive quali, ad esempio,

la distribuzione temporale nell’arco della giornata (perché l’attività dell’impianto non è

più concentrata in fascia diurna (1)) o la potenza degli impianti, che sono chiamati a

supportare carichi di attività e servizi sempre maggiori.

L’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici è quindi in continua

evoluzione. Poiché rientra tra i compiti di ARPA la protezione della popolazione dai

campi elettromagnetici generati dagli impianti di telecomunicazione, l’Agenzia ha nel

corso degli anni effettuato numerose attività di controllo, sia con valutazioni

preventive (pareri precedenti all’installazione e/o modifica degli impianti) sia con

misure del campo elettrico effettuate sul territorio regionale. Tali dati, inseriti nel

Catasto Regionale degli Impianti Radioelettrici

(istituito nel 2000 e aggiornato

quotidianamente), sono oggi utilizzati per analizzare le variazioni delle caratteristiche

tecniche degli impianti nel tempo e la variazione statistica dei livelli di esposizione

reale.

L’analisi si è concentrata sulle tre città più popolose della regione FVG: Pordenone,

Trieste e Udine che sono le città con più di 50 000 abitanti, ed ha riguardato gli

ultimi anni dal 2009 al 2015; la fotografia che si ottiene è l’incidenza dello sviluppo

delle nuove tecnologie (essenzialmente l’introduzione del

LTE

) sulle principali aree

urbane che, già dal 2012, sono state interessate da tali sviluppi. Ovviamente

l’implementazione di sempre nuove tecnologie nei medesimi impianti determina un

progressivo aumento delle potenze utilizzate tanto da determinare una sempre più

fitta occupazione dello spazio elettromagnetico (3).