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Figura 2

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Il consumo di suolo nell’area di Roma (in rosso)

Le città continuano a espandersi disordinatamente, con un processo continuo di diffusione in atto

dagli ultimi decenni e tutt’ora presente, sottraendo qualità attraverso la creazione di insediamenti di

dimensione medio-piccola all’esterno dei principali poli metropolitani, la crescita di zone di

margine disperse intorno ai centri, la saldatura di zone abitate a bassa e a bassissima densità in un

continuum che annulla i limiti della città, la frammentazione del paesaggio e la mancanza di

identità dei nuclei urbanizzati sparsi e senza coesione. L’urbanizzazione diffusa e dispersa produce

non solo perdita di paesaggi, suoli e relativi servizi ecosistemici, ma è anche un modello

insediativo energivoro e predisponente alla diffusione del sistema di mobilità privata.

È quindi evidente che, anche nel nostro paese, è estremamente urgente la definizione una politica

efficace di limitazione del consumo di suolo, attraverso l’impostazione di chiari obiettivi

progressivi di riduzione, immediati e significativi. Questo significa impedire la conversione di aree

verdi e la conseguente copertura artificiale del loro strato superficiale o di parte di esso.

Andrebbero, perciò, promosse le attività di riutilizzo di aree già costruite, compresi i siti dismessi.

Occorre investire sul patrimonio edilizio esistente, incentivare il riuso dei suoli già compromessi e

la rigenerazione urbana, tutelare tutte le aree non edificate e non impermeabilizzate, anche in

ambito urbano, e non solo le aree agricole. In diversi Paesi europei sono stati già fissati obiettivi da

utilizzarsi come strumenti a fini di controllo e per stimolare progressi futuri. La creazione di

incentivi all’affitto di case non occupate ha altresì contribuito a limitare l’impermeabilizzazione del

suolo.

Dove il suolo è già consumato o è progettata una nuova trasformazione urbana o infrastrutturale,

dovrebbero essere adottate misure di mitigazione tese a mantenere almeno alcune delle funzioni del

suolo e ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti significativi sull’ambiente e sul benessere

umano. Tali misure comprendono, ad esempio, la valutazione e il rispetto della qualità del suolo nei

processi di pianificazione, con l’indirizzo del nuovo sviluppo verso suoli di minore qualità,

l’impiego di opportuni materiali permeabili al posto del cemento o dell’asfalto, il sostegno alle

infrastrutture verdi e un ricorso sempre maggiore a sistemi naturali di raccolta delle acque.

In ambito urbano, ad esempio, il verde pensile e il verde verticale (Figura 3) stanno diventando un

elemento architettonico caratterizzante diversi progetti, sia per gli edifici di nuova costruzione che

per quelli oggetto di ristrutturazioni o di recupero.

Il “verde architettonico” fa rivivere l’involucro edilizio e crea una nuova opportunità per il

rinverdimento delle nostre città, sostituendosi al grigio cemento. Scelte che valorizzando l’edificio

offrono alle città la possibilità di cambiare in funzione delle stagioni, dando luogo a forme e colori

sempre nuovi, e soprattutto di farlo in piena sostenibilità ambientale.

Inoltre, per la sua particolarità, la parete verde, così come il tetto giardino, aumenta il valore

estetico di un edificio e suscita l’interesse pubblico. Questo “biglietto da visita verde”, oltre a

comportare un miglioramento ecologico, garantisce anche l’aumento economico dell’immobile e

della zona circostante e può essere uno degli elementi fondanti di un progetto di riqualificazione

urbana. Infatti, queste scelte architettoniche danno un notevole contributo al miglioramento

dell’immagine urbana, facendo percepire, a chi vive o lavora in prossimità del verde, una