Martarelli et al. /
Qualità dell’ambiente urbano – XI Rapporto (2015)
ISPRA Stato dell’Ambiente 63/15 pagg. 220 – 247
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cineritica generalmente litoide o semilitoide, di circa 39.000 anni, originatosi
dall’area vulcanica dei Campi Flegrei e presenta spessori variabili da pochi metri fino a
qualche decina di metri nei bassi paleomorfologici. Nelle circostanti zone della città
affiorano alcuni metri dei più recenti depositi vulcanoclastici (ceneri e lapilli pomicei)
prodotti da alcune eruzioni pliniane dell’apparato vulcanico del Somma-Vesuvio (PNV),
localmente in parte pedogenizzati (suoli) e/o rielaborati (b2). Nei principali alvei fluviali
affiorano detriti sabbiosi o ghiaioso-sabbiosi quaternari terrazzati in più ordini (SFL3,
SFL4) e attuali (b).
La conca di Avellino presenta numerosi corsi d’acqua che confluiscono verso il fiume
Sabato, a Est della città. La circolazione idrica sotterranea è a carattere freatico e si
sviluppa nei depositi vulcanoclastici, sebbene possano essere presenti più falde
sovrapposte nel substrato prevulcanico a matrice più grossolana; il recapito
preferenziale è verso l’alveo del fiume Sabato.
La Protezione Civile della Provincia di Avellino nel
Piano Stralcio Rischio idrogeologico
(Delibera di Consiglio n. 83 del 20 luglio 2012) segnala punti di criticità idraulica (ivi
indicati con sigla S23 e S25) per l’area produttiva ad alto insediamento antropico
posta a Nord-Est della città, in corrispondenza del Ponte delle Filande (SP 23) in
prossimità della confluenza tra il Rio Fenestrelle e il Fiume Sabato. Infatti l’andamento
sinuoso di questi corsi d’acqua, la scarsa pendenza e i punti di restringimento
facilitano l’accumulo di materiale litoide in alveo,
favorendo l’esondazione in occasione
di eventi pluviometrici importanti.
I contrafforti appenninici che bordano la conca di Avellino a Est rappresentano zone ad
elevato rischio sismico, in cui nel corso dei secoli si sono risentiti gli effetti di
numerosi terremoti anche di notevole intensità. Infatti, l’Alta Irpinia (corrispondente
alla parte orientale della provincia di Avellino) è situata immediatamente ai margini di
strutture sismogenetiche attive, con andamento appenninico, ubicate in una fascia
larga diversi chilometri. La causa di tale attività sismica è da ricercare nel generale
sollevamento in atto in corrispondenza di diversi sistemi di faglie (Ciaranfi
et al
.,
1983), come documentato dalla grande quantità di dati geofisici e geologici relativi
anche all’evento sismico del novembre del 1980 (Alessio
et al
., 1988). La carta della
pericolosità sismica (Gruppo di lavoro CPTI, 2004) evidenzia che la città ricade in una
fascia caratterizzata da un’accelerazione massima variabile tra 0.175 g e 0.200 g.
Su tali basi il Comune di Avellino risulta tra quelli a media sismicità (aggiornamento
della Classificazione sismica dei Comuni della Campania, DGR 7/11/2002, n. 5447.
Da quanto è stato ricostruito per la città di Avellino e riportato nel catalogo
parametrico dei terremoti italiani (Postpischl, 1985), storicamente dal 1400 ad oggi
numerosi terremoti hanno indotto effetti sulla città, spesso con significativi livelli di
danneggiamento, raggiungendo intensità dal VII al IX Mercalli, come ad esempio, nel
1456, 1688, 1732, 1805, 1930, 1962, 1980 (
Figura 2.6.12
). Tali effetti sono
principalmente riconducibili all’innesco di fenomeni di instabilità dei versanti e a
situazioni di amplificazioni locali del moto del suolo, come nella piana di Avellino ove
sussistono significative coperture detritiche e piroclastiche.
La diffusa presenza nella città di depositi vulcanici di importanti eruzioni del Vesuvio
testimonia come questa ricada nell’area di influenza dei prodotti eruttati dal vulcano.
L’eventuale significativa ricaduta di tali prodotti, essenzialmente ceneri e lapilli, può
tuttavia verificarsi solo in occasione di eventi ad elevata energia, cioè di eruzioni di
tipo pliniano e subpliniano (come avvenuto, ad esempio, circa 8010 anni fa, 3760
anni fa e nel 472 d.C.) e molto marginalmente, ma solo con direzioni dei venti