De Angelis et al. / Qualità dell’ambiente urbano – XI Rapporto (2015)
ISPRA Stato dell’Ambiente 63/15 pagg. 482-498
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In Italia, a partire dalla stagione balneare 2010, il controllo e la gestione delle
acque
di balneazione
vengono effettuati secondo le nuove regole stabilite dalla direttiva
europea 2006/7/CE. Questa direttiva ha introdotto un nuovo approccio per la tutela
della salute umana, basato non soltanto sul monitoraggio ma anche sulla previsione
dei peggioramenti qualitativi delle acque, che potrebbero comportare esposizioni
potenzialmente pericolose per il bagnante. Il raggiungimento di tale obiettivo è
possibile mediante una specifica attività conoscitiva e di analisi del territorio limitrofo
all’acqua di balneazione, considerando soprattutto le informazioni relative alle
pressioni (tipologia e dimensione scarichi, uso del suolo, ecc.) in correlazione a tutto
ciò che caratterizza il territorio stesso (corsi d’acqua e relativa portata, piovosità,
caratteristiche geo-morfologiche, ecc.). In ogni caso, il monitoraggio rappresenta lo
strumento per classificare le acque ed esprimere un giudizio di qualità. L’attuale
disciplina per il monitoraggio stabilisce un campionamento meno frequente (1 al
mese) rispetto alla precedente normativa e focalizza l’attenzione su due soli parametri
microbiologici, ossia
Enterococchi
intestinali ed
Escherichia coli
, intesi non tanto quali
singoli agenti patogeni ma piuttosto come indicatori di contaminazione fecale. In base
ai risultati relativi a quattro anni di monitoraggio è possibile classificare le acque di
balneazione secondo classi di qualità: eccellente, buona, sufficiente e scarsa.
L’attribuzione della classe di qualità viene effettuata attraverso un calcolo statistico
(valutazione del 90° e 95° percentile), per ciascuno dei due parametri.
L’indicatore, calcolato sommando il numero di acque appartenenti alle singole classi
di qualità per ognuna delle province delle città campione ed elaborando in seguito le
relative percentuali, fornisce una descrizione del livello di contaminazione
microbiologica, derivante dall’impatto di alcune attività antropiche svolte in ambito
urbano, con particolare riferimento ai sistemi di depurazione e collettamento delle
acque reflue. Esso, rappresenta, quindi, una prova indiretta dell’efficacia di tali
sistemi ed evidenzia la necessità di adottare adeguate misure di miglioramento.
Tuttavia, non fornisce alcuna indicazione circa possibili impatti derivanti da fonti di
inquinamento di altra natura. Infatti, ai fini della classificazione, non concorrono i
risultati dell’attività conoscitiva, né tantomeno quelli di monitoraggi specifici previsti
dalla direttiva e volti allo studio di particolari fenomeni non direttamente correlati ad
inquinamento microbiologico come, per esempio la presenza di specie potenzialmente
tossiche di cianobatteri o di ostreopsidaceae.
Pertanto, la classificazione delle acque di balneazione va intesa come un’integrazione
a quella effettuata ai sensi della direttiva quadro acque (2000/60/CE) in quanto
quest’ultima non tiene conto, se non marginalmente, dei parametri microbiologici che
invece rappresentano l’unica componente del monitoraggio finalizzato alla
classificazione per la balneazione.
CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE DI BALNEAZIONE