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all’interno delle barriere verdi, al fine di aumentare le turbolenze e migliorare le interazioni

delle masse d’aria inquinate con le superfici vegetali;

occorre poi valutare, nella scelta dell’impianto, le dimensioni che le diverse specie (arboree e

arbustive) assumeranno a maturità. Per eseguire un intervento che sia pienamente funzionale

alla mitigazione dell’inquinamento acustico e atmosferico già dai primi anni dopo l’impianto,

sarebbe necessario adottare sesti d’impianto non definitivi da sostituire successivamente, ma

ciò comporta costi aggiuntivi non indifferenti, essendo necessari alcuni interventi nel corso del

tempo, come diradamenti e nuovi impianti. Pertanto in fase di progettazione va valutato se

adottare subito il sesto definitivo, considerando però che la piena funzionalità verrà raggiunta

dopo un certo periodo di tempo, o se invece si vuole creare una fascia che sia da subito

pienamente funzionale, costituita da individui già sviluppati, ma con costi notevolmente più

elevati.

Alcune specie sono quindi maggiormente indicate di altre per questi interventi, poiché le loro

caratteristiche morfo-funzionali le rendono più efficienti nell’abbattere gli inquinanti atmosferici e il

rumore, tra queste:

gli aceri (

Acer campestre

e

A.

platanoides

), i quali sono particolarmente resistenti agli

inquinanti atmosferici, oltre ad essere efficienti per la realizzazione di barriere fonoassorbenti

e per azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici quali i rimboschimenti finalizzati al

sequestro della CO

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atmosferica;

alcune specie di querce (

Quercus cerris, Q. ilex, Q. robur, Q. frainetto, Q. pubescens

), che

rappresentano alberi longevi, di grandi dimensioni e con chiome generalmente dense e

caratterizzati da tratti autoecologici diversificati che li rendono adatti a differenti ambienti e

climi. Per la funzione fonoassorbente possono essere utilizzati il cerro, la roverella e il leccio,

come già ricordato. Tuttavia l’utilizzo di alcune querce va valutata con attenzione in base alla

qualità dell’aria del sito, in quanto queste possono emettere elevate quantità di COV; è il caso

del leccio il cui utilizzo dovrebbe essere limitato ad aree lontane da fonti di precursori di

inquinanti, in quanto potrebbe tendere a favorire la formazione di inquinanti di genesi

secondaria come l’ozono. In ambiente periurbano è possibile utilizzare anche la sughera (

Q.

suber)

, meno adattata all’ambiente prettamente metropolitano;

gli olmi (

Ulmus minor

e

U. montana

), alberi longevi, alti e con chioma densa e ampia, idonei

dunque per la mitigazione dell’inquinamento sia acustico che atmosferico. Entrambe le specie

vengono utilizzate come alberi ornamentali nel verde urbano; a Roma il primo è autoctono;

i tigli (

Tilia cordata, T. platyphyllos, T. x vulgaris

), che oltre ad essere generalmente di grandi

dimensioni e longeve, hanno dense chiome, adatte dunque sia alla mitigazione

dell’inquinamento atmosferico che acustico. A Roma crescono bene anche se non sono

indigene e si prestano soprattutto alla realizzazione di alberature stradali ed aree tampone.

Inoltre sovente le loro foglie presentano delle secrezioni viscose che possono aumentare

l’efficienza di ritenuta del particolato sospeso in atmosfera, sulle foglie stesse;

il bagolaro (

Celtis australis

), specie longeva, di grandi dimensioni e con chioma ampia, molto

diffusa per le alberature e nelle aree verdi urbane, grazie alla sua adattabilità e resistenza

all’inquinamento e alla sua folta e larga chioma che genera ombra;

varie conifere, per le motivazioni suddette (individui sempreverdi, maggiore superficie

fogliare, etc.). Nell’ambiente mediterraneo specie del genere Pinus (ad esempio il pino

domestico

P. pinea

, anche se è una specie che può causare allergie e non idonea per le

alberature stradali a causa delle radici superficiali), specie del genere Cupressus (come il

cipresso

C. sempervirens

), specie del genere Cedrus (come il cedro dell’Atlante

C. atlantica

,

specie ornamentale, ma di origine esotica). C’è da ricordare però, che le conifere pur essendo

efficienti nel mitigare l’inquinamento sia atmosferico che acustico grazie alla loro chioma

complessa e folta, sono specie che possono soffrire livelli elevati di inquinamento e che quindi

non dovrebbero essere collocate in contesti ambientali caratterizzati ad esempio da forti

emissioni antropiche;

fra gli arbusti più diffusi troviamo l’erica arborea (

Erica arborea

) e il viburno (

Viburnum

tinus

), entrambi sempreverdi, risultano appropriati sia per la funzione fonoassorbente che per

l’abbattimento degli inquinanti aerodispersi, anche grazie al loro portamento che li rende

adatti alla realizzazione di fasce verdi in prossimità del terreno, a supporto delle specie arboree

come le conifere, che spesso sono caratterizzate da porzioni “vuote” o con scarso fogliame in

prossimità del suolo.